Nel 12esimo giorno di conflitto, le immagini e le cronache dall’Ucraina raccontano una guerra ai civili e alle famiglie in fuga. Un secondo tentativo di evacuare i residenti dalla città di Mariupol, sotto assedio da una settimana e senza acqua, cibo ed energia elettrica, è fallito; a Irpin, periferia di Kiev, una famiglia di quattro persone – madre, padre e due bambini – è stata uccisa da un colpo di artiglieria sparato mentre cercavano di lasciare la città. Il cessate il fuoco, annunciato da Russia e Ucraina, finora non è stato rispettato impedendo così la creazione di corridoi umanitari per i civili. Oggi Mosca afferma di aver ordinato una nuova sospensione delle ostilità nelle città ucraine di Kiev, Mariupol, Kharkiv e Sumy dalle 10 ora locale “per scopi umanitari”, riferisce l’Agenzia russa Tass. Al momento però, gli unici corridoi umanitari realmente in vigore portano verso Russia e Bielorussia e il governo di Kiev ha rifiutato di utilizzarli. Sul fronte dei combattimenti, le forze russe sono ancora assorbite nell’assedio della capitale e in quelli di Kharkiv e Mariupol, mentre nel fine settimane 5 aerei da combattimento e 3 elicotteri russi sono stati distrutti da missili terra-aria. I rappresentanti di Ucraina e Russia dovrebbero incontrarsi oggi per un terzo round di negoziati, ma sono in pochi a credere che i colloqui porteranno a qualche esito, considerato che Vladimir Putin ha posto come precondizione al dialogo “l’accettazione di Kiev alle esigenze di Mosca”. Finora, intanto, secondo le Nazioni Unite sono oltre 1,5 milioni le persone fuggite dal paese dall’inizio dell’invasione, e quella che si va configurando è “la crisi di rifugiati in più rapida crescita verificatasi in Europa dalla seconda guerra mondiale”. La giornata di domenica, in Russia è stata caratterizzata da nuove manifestazioni e oltre 3mila persone sono state arrestate dalla polizia in 49 città, secondo il gruppo di attivisti OVD-Info.
Il video commento di Paolo Magri, Vice Presidente Esecutivo ISPI
Pechino fa da mediatore?
Parallelamente al conflitto, si susseguono gli sforzi diplomatici per aprire un canale di dialogo. Al tentativo del premier israeliano Naftali Bennet, volato a Mosca e poi a colloquio con Zelensky si è aggiunto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan: il presidente turco ha annunciato che i ministri degli Esteri russo e ucraino si incontreranno giovedì ad Antalya per un faccia a faccia. Ma le posizioni restano lontane: Mosca “non cede su niente”, registra l’Eliseo, mentre il capo negoziatore ucraino, pur dicendosi pronto a discutere alcuni modelli non Nato, riafferma che “non cederemo su Crimea e Donbass”. Putin intanto incassa la solidarietà dell’alleato cinese: l’amicizia della Cina con la Russia “è solida come una roccia”, secondo il ministro degli Esteri della Repubblica Popolare, Wang Yi. I due paesi, ha detto il ministro in una dichiarazione a margine dei lavori dell’Assemblea del popolo, “manterranno il focus strategico e continueranno a rafforzare la partnership strategica globale di coordinamento per una nuova era”. Pechino, ha però aggiunto il ministro, “è pronta per avere un ruolo costruttivo nella crisi in Ucraina e a lavorare con la comunità internazionale per una necessaria mediazione”. Un piccolo passo – sebbene non l’apertura netta che alcuni auspicavano – verso un ruolo di mediazione che la Cina finora non ha mai ricoperto. Pochi giorni fa l’omologo ucraino, Kuleba, dopo una telefonata con Wang Yi, aveva affermato come l’Ucraina fosse pronta a rafforzare la comunicazione con la Cina e stesse aspettando “con impazienza una mediazione della parte cinese, per realizzare il cessate il fuoco”.
Sanzioni contro missili?
Prosegue a livello internazionale, la campagna di sanzioni senza precedenti contro la Russia. Una campagna di deterrenza allo scopo di convincere il Cremlino a sospendere l’invasione e i bombardamenti in Ucraina. E così mentre Stati Uniti ed Europa discutono un possibile embargo sul petrolio russo (mentre il prezzo del greggio schizza al massimo dal 2008) Visa, American Express e Mastercard annunciano la sospensione delle loro attività in Russia: le carte dei circuiti Mastercard e Visa emesse da banche russe non funzioneranno più all’estero mentre quelle delle banche del resto del mondo non funzioneranno più in Russia. Un colpo doppio ad un sistema economico già in affanno. Intanto l’agenzia di rating Moody’s ha declassato i titoli pubblici russi, inserendo la Russia nella categoria dei paesi che rischiano di non poter rimborsare il debito e quindi ad alto rischio default. Ma nella guerra economica mossa dall’Occidente nei confronti di Mosca, contano soprattutto i sequestri delle attività estere di enti e individui russi, e le sanzioni a chiunque operi con imprese, individui, banche o istituzioni russe inserite nella ‘lista nera’. Per questo grandi gruppi e società stanno annunciando alla spicciolata l’uscita o la limitazione delle proprie attività in Russia: Dopo Ikea anche Disney, Apple, Nike, Siemens, Boeing, Carlsberg, come pure grandi studi legali e società di consulenza.
Condizioni per un cessate il fuoco?
La Russia è pronta a fermare le operazioni militari “in un attimo” se Kiev soddisfa un elenco di condizioni; lo ha annunciato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov secondo cui, in cambio della fine degli attacchi, l’Ucraina deve cambiare la sua Costituzione per sancire la neutralità, riconoscere la Crimea come territorio russo e riconoscere le repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk come stati indipendenti. Le condizioni – che non riportano il totale disarmo del paese come chiesto finora – sono state dettate all’agenzia di stampa Reuters in un’intervista telefonica. Il portavoce ha affermato che tutte le richieste sono state formulate e consegnate durante i primi due round di colloqui tra le delegazioni russa e ucraina, che hanno avuto luogo la scorsa settimana. “Ci auguriamo che questo terzo incontro vada bene e che l’Ucraina reagisca in modo adeguato” ha detto Peskov. Intanto, il governo russo ha approvato una lista di “paesi ostili” per aver applicato o per essersi uniti a sanzioni contro Mosca. Nella lista, in cui compaiono tutti i paesi europei Italia inclusa, figurano tra gli altri Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera oltre ovviamente alla stessa Ucraina. Secondo il decreto, lo Stato, le imprese e i cittadini russi che abbiano debiti nei confronti di creditori stranieri appartenenti a questa lista potranno pagarli in rubli.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online